Siamo vittime della demagogia: su questo dovremmo concordare

nota Prof. Fernando Gabriele Giorgio Tateo, Ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari (UniMi) e Prof. Monica Bononi, Cattedra di Analisi Chimica degli Alimenti, Università degli Studi di Milano

Un articolo scritto dal Prof. Luigi Mariani, nostro collega di Agraria (UniMi), smitizza tante affermazioni e credenze imposteci con sistemi demagogici dai “grandi della Terra”.

Chi scrive questa nota invitando a leggere su “La nuova bussola quotidiana” le considerazioni sul merito scritte dal Mariani, crede di far cosa gradita riproponendo qui di seguito ai lettori un brano scritto 2000 anni fa da Columella, il primo grande “agrario” di tutti i tempi. Che si condividano le idee, fra uomini, è cosa sempre difficile: ma che si ascoltino le idee degli altri, credo sia comportamento comunque pregevole.

Prof. Fernando Tateo

 

Lucio Giunio Moderato Columella, proprietario terriero con alle spalle una carriera nell’esercito romano, scriveva nell’introduzione al suo trattato “De Re Rustica”: “Spesse volte odo gli uomini principali della nostra città incolpare delle scarse produzioni ora all’infecondità delle terre ora l’intemperie del cielo già da gran tempo ai raccolti nociva. Altri per dare un senso a tali lagnanze affermano che il suolo, dall’eccessiva fecondità del passato spossato e isterilito, non possa porgere con la precedente larghezza gli alimenti ai mortali. Queste ragioni, fermamente ritengo esser molto lontane dal vero in quanto non è corretto pensare che la natura, a cui donò perpetua fecondità il primo facitore del mondo, patisca sterilità come per malattia, né è da saggio credere che sia a foggia d’uomo invecchiata la terra, cui fu dato il nome di comun madre essendole stata data in sorte una giovinezza divina ed eterna in virtù della quale partorì in passato e partorirà in avvenire ogni cosa. Non credo pertanto che tali cose accadano per le intemperanze del cielo ma per colpa di noi medesimi, che le nostre aziende agricole abbiamo dato da straziare al peggiore tra gli schiavi come ad un carnefice, laddove i nostri avi le gestivano con le persone migliori.” 

 

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