Precisazioni e pareri in tema di acrilammide nel food

Prof. Fernando Tateo - Professore Ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari, Università degli Studi di Milano
Prof. Monica Bononi - Professore Associato Titolare di Analisi Chimica degli Alimenti, Università degli Studi di Milano

“Il Gusto” di “la Repubblica” riporta a firma di Giorgio e Caterina Calabrese una nota dal titolo seguente: “Un freno all’uso dell’acrilammide nei cibi: nuovi paletti dall’Unione Europea”. Ritenendo che questo titolo non possa essere considerato adeguato all’informazione destinata ad un largo consesso di lettori di cui molti assolutamente ignari della problematica di base, si crede opportuno con il testo che segue, dare un’informazione più puntuale su quanto riguarda il nesso fra l’acrilammide ed il food. In primo luogo, non essendo l’acrilammide né un ingrediente né un additivo né un coadiuvante tecnologico, ma soltanto un indesiderato composto derivato da una altrettanto indesiderata reazione derivata da interazione fra alcuni ingredienti, è quantomeno inopportuno presentare l’acrilammide come composto di comune “uso” nella produzione di alimenti di cui l’Unione Europea tende a limitarne l’impiego in corso di produzione di alimenti.

 

Il testo che qui presentiamo, ripercorre i fondamenti  di una relazione presentata qualche anno fa dagli stessi Autori di questa nota ad un incontro di aggiornamento sul tema delle “strategie di attenuazione” dell’acrilammide nel food, in riferimento Al Reg.UE 2017/2158.

 

L’acrilammide è stata classificata nel 1994 dallo IARC come sostanza potenzialmente cancerogena per l’essere umano nel gruppo 2° (le circostanze di esposizione sono tali da risultare probabilmente cancerogene per l’uomo). Peso molecolare e struttura individuano una prevalente solubilità in acqua dell’acrilammide (215,5 g/100 ml in acqua contro 86,2 g/100mLin alcol etilico).

Nel 1997 in Chem. Res. Technol., 10, 78-84  risultavano pubblicate tre considerazioni dedotte da sperimentazioni analitiche condotte su sangue di tre categorie di viventi:

1) gli operatori analitici che impiegavano gel di poliacrilammide per elettroforesi (PAGE) mostravano presenza di addotti di “acrilammide/emoglobina” (AEA) nel sangue;

2) i fumatori presentavano contenuto importante di addotti AEA nel sangue rispetto ai non fumatori;

3) individui che non risultavano in alcun modo esposti all’acrilammide presentavano comunque livelli misurabili di addotti AEA nel sangue.

Fu Emma Bergmark (Università di Stoccolma) ad affermare la necessità di investigare in merito alle cause di presenza di “background” AEA, riscontrato apprezzabilmente più basso in animali da pascolo rispetto a quanto rilevabile in esseri umani.

Nel 2000 Tareke et al. (Università di Stoccolma) considerò che la presenza di acrilammide nel fumo di tabacco causava alti livelli di AEA nei fumatori e suppose che l’acrilammide potesse formarsi comunque per riscaldamento di materiale biologico. Da ciò l’ipotesi che l’alto livello di AEA negli umani potesse derivare dall’influenza di una dieta ricca di alimenti sottoposti a trattamento termico.

Gli zuccheri riducenti sono elemento necessario per la formazione di acrilammide. In taluni casi tuttavia gli zuccheri riducenti sono fattori limitanti: è questo il caso, ad esempio, delle patate. Nel caso dei cereali invece il fattore limitante è l’aminoacido asparagina (Veisshaar et al., 2004; Noti et al., 2003; De Wilde et al., 2004

Gli zuccheri riducenti sono elemento necessario per la formazione di acrilammide. In taluni casi tuttavia gli zuccheri riducenti sono fattori limitanti: è questo il caso, ad esempio, delle patate. Nel caso dei cereali invece il fattore limitante è l’aminoacido asparagina (Veisshaar et al., 2004; Noti et al., 2003; De Wilde et al., 2004 Sanny et al., 2012; Amrein et al., 2003, 2004; Stadler et al., 2006; Claus et al., 2008).

Tutti i meccanismi di formazione sono correlati a reazioni di Maillard e la via di formazione dall’asparagina è soltanto una delle più importanti  (Eriksson, Doctoral Thesis: Acrylamide in food products-2005. Stockholm University).

Nello schema qui presentato in forma estremamente semplificata, si evidenzia come esistano vie di formazione di acrilammide che possono trarre origine da componenti anche diversi dagli zuccheri e per esempio, da costituenti di frazioni proteiche molto comuni (asparagina ed altri comuni aminoacidi).

La Commissione UE, il 3 maggio 2007 ha emesso una Raccomandazione per promuovere il monitoraggio del tenore di acrilammide negli alimenti di uso più comune: l’Articolo 3 della Raccomandazione UE così si esprimeva:

Art. 3) È necessario raccogliere in tutta la Comunità, almeno su un arco di tre anni, dati affidabili sui tenori di acrilammide negli alimenti così da ottenere un quadro dei livelli di acrilammide in quei prodotti alimentari di cui è noto l’elevato contenuto di acrilammide e/o che notoriamente contribuiscono in misura significativa alla sua assunzione per via alimentare da parte della popolazione nel suo complesso e di particolari gruppi vulnerabili, quali i lattanti e i bambini nella prima infanzia.

I Laboratori di Ricerche Analitiche e Tecnologiche su Alimenti e Ambiente (FERL – Di.S.A.A. Università degli Studi di Milano) hanno prodotto tutta una serie di lavori sulla quantificazione analitica dell’acrilammide su prodotti alimentari del mercato nazionale. Tali esami si sono protratti nel tempo dando origine a varie pubblicazioni di cui se ne citano alcune:

 

– F. Tateo, M. Bononi.

A GC/MS method for the routine determination of acrylamide in food.     

 Ital. J. Food Sci., 15(1), 149-151 (2003).                 

 

– F. Tateo, M. Bononi

Preliminary Study on Acrylamide in Baby Foods on the Italian Market

Ital. J.Food Sci. 15 (4), 593-599 (2003).

 

–   F. Tateo, M. Bononi

Acrylamide Level in Cooked Rice, Tomato Sauces and some Fast Food on the Italian Market.

Food Comp. Anal. 20, 232-235 (2007).

 

–  F. Tateo, M. Bononi

Acrylamide in Tomato Products

In: Tomatoes and Tomato Products. Nutritional, Medicinal and Therapeutic Properties.  Edits., Victor R. Preedy and Ronald R. Watson, pp 259-265, Science Publishers, USA (2008).

 

– F. Tateo, M. Bononi, F. Gallone

Acrylamide content in potato chips on the Italian market determined by liquid chromatography tandem mass spectrometry

International Journal of Food Science and Technology, 45, 629-634 (2010).

 

Intanto occorre puntualizzare l’importanza del campionamento degli alimenti sui quali si deve effettuare l’analisi quantitativa come processo sostanziale: un vero quadro che rappresenti il tenore di acrilammide pur in un alimento che possa apparire “semplice” o di struttura “uniforme” può essere ottenuto tenendo conto sia di varie zone differenziate dell’alimento stesso sia attraverso prelievi sulla linea di produzione, tenendo anche conto di possibili fluttuazioni di temperatura nel caso di impiego di forni o di altri mezzi di trasmissione del calore utilizzato per la gestione tecnologica del processo di cottura. Dagli stessi Laboratori FERL sono state definite condizioni da adottare preferibilmente per il campionamento di diversi manufatti alimentari.

Quanto alle strategie di “attenuazione” dei processi di formazione, la Raccomandazione UE ne suggerisce alcune, senza che peraltro si possano considerare esaustive in senso generale. D’altra parte sono stati suggeriti valori limite di acrilammide che rappresenterebbero soglie di sicurezza differenziate per taluni alimenti e/o categorie di alimenti.

In taluni Paesi, anche Europei, il contenuto limitato di acrilammide di taluni alimenti costituisce già indice di qualità incluso in protocolli da rispettare ai fini della immissione al consumo.

Il lettore può essere interessato alla conoscenza di quali possano essere gli effetti di talune condizioni di produzione sulla “comparsa” nei prodotti finiti dell’acrilammide in quantità eccedenti quelle ritenute “di sicurezza”. Si definiscono “processi di attenuazione” quelli che possono essere attuati in fase di produzione di un alimento da sottoporre a processo di “cottura” ai fini della limitazione di produzione di acrilammide. Quelli suggeriti dalla Raccomandazione UE non sono certamente risolutivi in senso universale. Ciò convince gli Autori ad argomentare nel modo che segue: le considerazioni tecniche sotto riportate sono tratte da lavori sperimentali di autori specialisti del baking e da esperienze degli stessi Autori.

 

Circa le misure di “attenuazione”

a) Influenza delle materie prime.

Esistono documentati studi che correlano la varietà, l’anno di raccolta, la fertilizzazione, le condizioni di stoccaggio di patate e derivati, oltre che di taluni cereali.

La varietà è fattore influente in quanto relazionabile al contenuto in fattori limitanti quali gli zuccheri riduttori ed altri precursori (asparagina, ad es.).

A parità di processo di trasformazione, l’impiego di materia prima con ridotto contenuto in zuccheri può condurre a riduzione di concentrazione dell’acrilammide.

Le condizioni climatiche producono impatto sul contenuto di asparagina di taluni vegetali e sul contenuto in zuccheri riducenti. Temperature estive elevate conducono a materie prime , e quindi a trasformati con minore contenuto di acrilammide.

La limitazione di fertilizzazione azotata favorisce la riduzione di produzione di zuccheri, e nel caso ad es. delle patate, la conseguenza è quella della limitazione della formazione di acrilammide.

La considerazione di cui sopra non è valida per i cereali, per i quali la riduzione di fertilizzazione azotata non ha come conseguenza la riduzione di formazione di acrilammide.

La temperatura di stoccaggio ed il livello di umidità deve essere tale da ridurre al minimo l’arricchimento in zuccheri per invecchiamento (per i tuberi lo stoccaggio ideale è quello a temperatura di 8 °C.

 

b) Effetti prodotti da additivi

Studi adeguati hanno dimostrato che l’enzima asparaginasi converte il precursore dell’acrilammide, l’asparagina, in ammoniaca e acido aspartico: vi sono documentate applicazioni svolte per i tuberi di patata e prodotti cerealicoli.

Anche l’arricchimento in aminoacidi e di proteine sembra essere messo di riduzione della produzione di acrilammide. A questo proposito sono stati studiati gli effetti di incremento di glicina, cisteina, metionina, glutatione e lisina: alcuni autori affermano che la formazione di acrilammide si riduce fino al 5°% per uso di cisteina e metionina negli impasti.

La credenza di effetto di attenuazione realizzato dalla presenza di antiossidanti deve  essere sfatata: gli estratti di rosmarino, di tè verde, di bamboo risultano efficaci fino al blocco di ossidazione ad acroleina ma non giungono a ridurre l’effetto sulla reazione di Maillard fino ad attenuare la produzione di acrilammide.

Un effetto prodotto da sali di cationi mono e bivaìlenti presenti negli impasti sembra essere dimostrato: il meccanismo di azione sarebbe quello di interazione con i prodotti che originano la base di Shiff, intermedio nella sintesi di acrilammide.

L’incremento di formazione di acrilammide viene prodotto dalla attività del cloruro sodico.

Additivi quali la farina di semi di carrube, carragenani e xantani sembra con la loro presenza negli impasti poter stimolare la formazione di acrilammide.

 

c) Influenza delle condizioni di processo

I due processi più studiati in riferimento all’attività promotrice della sintesi di acrilammide  sono quelli di frittura e di baking.

Non si deve credere di poter attribuire alla semplice riduzione di temperatura l’effetto di attenuazione maggiore. Piuttosto occorre identificare, formula per formula, quali sono le combinazioni più efficienti nella diminuzione della velocità di sintesi del composto indesiderato di cui si sta trattando. In altre parole, vi sono combinazioni di fattori che risultano più attenuanti di altri: chi potrebbe immaginare che la combinazione 260°C e T 20 min è quella che produce una attenuazione di formazione fra le più efficienti? D’altra parte vi sono studi che dimostrano che la formazione di acrilammide inizia già al di sotto di 100°C e che i valori di alta umidità, sempre a bassa temperatura, sono quelli preferibili ai fini della attenuazione.

Per i prodotti da forno, l’accoppiamento fra processi di baking tradizionali e microonde sembra essere vincente, in specie a valori di umidità relativa più elevati.

Un sistema adeguato all’attenuazione è quello dell’uso del vapore a temperature medie durante l’atto finale del baking. Considerazione parallela è quella della presenza maggiore di acrilammide nella crosta esterna dei prodotti da forno, mentre le quantità più limitate di acrilammide si riscontrano nella massa cotta interna di un prodotto da forno.

Un processo poco noto ma molto efficiente è quello del ”blanching”: si attribuisce questa denominazione all’improvvisa immissione del prodotto da forno in atmosfera a 70°C per 10-15 minuti; una tale operazione può condurre alla riduzione del 60-90% dell’acrilammide che si formerebbe invece durante un processo continuo.

A far decrescere la velocità di formazione di acrilammide dei prodotti da forno è anche la riduzione del valore di pH (corn-chips, biscotti e cracker).

Allo stesso modo influsce l’attività delll’acqua: a valori di 0,4 (impasti molto secchi) la formazione di acrilammide è già molto favorita, e raggiunge valori elevati fino a valori di attività dell’acqua dell’ordine di 0,8. L’incremento dell’attività dell’acqua favorisce la rimozione da alimenti del tipo biscotti e chips.

Quanto all’attività delle fermentazioni, quelle più prolungate si dimostrano capaci di attenuare l’acrilammide anche nel pane e nei prodotti di frittura.

La fermentazione lattica combinata con blanching conduce a riduzione sensibile della formazione di acrilammide.

 

I valori di riferimento

Gli Autori della presente nota non plaudono alla istituzione di “regole” di comportamento mirate a istituire “misure” destinate a ridurre entro limiti “definiti” il contenuto del composto indesiderato in questione risultante da operazioni tecnologiche condotte per la produzione di derivati dell’industria alimentare che più sono soggetti a produrne.

Questa “posizione”, pur di specialisti della chimica analitica che sono a diretto contatto con produzioni alimentari più o meno soggette a critica per la presenza di tale involontario ed indesiderato derivato secondario ( prodotto da formulati e tecnologie), non può e non deve essere considerata una istigazione ad intolleranza verso i disposti di una “Raccomandazione UE”.

La critica rivolta è tuttavia,nella realtà, pienamente giustificata da una serie di considerazioni:

A) Una “Raccomandazione” non ha chiaro significato applicativo dal punto di vista dell’intervento sulla Sicurezza Alimentare. Se si è “sicuri”, da parte di Autorità Sanitaria, del danno prodotto a superamento di definiti “livelli” di una specie chimica indesiderata, il consumatore si aspetta che venga emessa una vera e propria “ordinanza sanitaria”, corredata da misure che puniscano la trasgressione.

B) Il considerare “classi” diverse di operatori da sottoporre a tenuta del “registro delle misure di attenuazione”, o ad “obbligo di prova di applicazione delle misure di attenuazione” o ad altre prescrizioni è disposizione concretamente difficile da attuare, e quindi inefficiente dal punto di vista pratico.

C) Una verifica efficiente dell’ottemperanza a disposizioni di una Raccomandazione presuppone:

la disponibilità di personale in numero utile, e peraltro competente nello specifico, per far eseguire su tutto il territorio nazionale una verifica effettiva dell’ottemperanza alle “richieste” previste dalla emissione di una Raccomandazione, e ciò non con episodici interventi, ma con statistico significato di vero e proprio controllo.

D) Il presupposto di una ordinanza sta nella concreta possibilità di dimostrare che le misure di “attenuazione” siano disponibili non come risultato di singole “sperimentazioni scientifiche” ma come “prescrizioni atte a risolvere la problematica” a tutti i livelli. Gli esperti del mestiere sanno valutare la difficoltà di disporre da parte di tutti gli operatori alimentari di formule utili ad evitare il superamento di “livelli” di acrilammide considerati non adeguati ai limiti disposti da una ordinanza.

E) Malgrado la redazione di suggerimenti tecnologici che possono essere considerati risolutivi e le ricerche svolte da gran numero di sperimentatori, ogni alimento da assoggettare a trattamento termico necessita di interventi tecnologici di una specificità tale da non consigliare un adeguamento a norme “univoche” ai fini di una migliore soluzione dell’operazione di attenuazione.

F) Non sono ancora noti i meccanismi biologici “in vivo” di intolleranza dell’organismo umano alla assunzione di acrilammide , pur alle concentrazioni identificate superiori ai “limiti” stabiliti da una Raccomandazione. Occorre tener conto di “frequenza” di involontaria assunzione, di “quantità di involontaria assunzione”, di possibile concomitanza di assunzione di altri composti mal tollerati, in sinergismo o non in sinergismo con acrilammide, di tolleranza costituzionale specifica. Inoltre non sono noti , perché fino ad oggi non sono stati comunicati in testi ufficiali, i dati statistici che correlino l’assunzione di acrilammide  a ben definiti danni per l’organismo umano.

Ma senza in alcun modo voler entrare in merito ad affermazioni di carattere tossicologico per ragioni di non specificità di competenza, chiaro è che non è facile far acquisire dal consumatore la consapevolezza del potenziale pericolo per l’assunzione di acrilammide attraverso il consumo, ad es., di carne più o meno pirolizzata per cottura su barbecue, o di caffè ben tostato, o di biscotti ben dorati o di chips assunti in confezione da GDO o altro distributore. In parallelo, è ben difficile convincere ogni produttore sulla necessità di far svolgere periodicamente, con statistica significatività, analisi del contenuto di acrilammide in derrate alimentari di ogni genere e tipo e far redigere  verbale di tutte le attività svolte al fine di realizzare i possibili interventi di attenuazione, verificandone analiticamente gli effetti.

 

Risultati della serie di considerazioni critiche esplicitate.

Il consumatore ha a questo punto acquisito notizia puntuale sulle vere problematiche della Raccomandazione sul contenuto di acrilammide nelle derrate alimentari sottoposte a trattamento di cottura a diverso grado di pirolisi. La vera problematica non risiede nei nuovi “paletti” che la Comunità Europea ha o non ha intenzione di porre su altre derrate alimentari diverse da quelle già considerate. Il vero “quesito” di difficile soluzione risiede comunque nella “insufficienza” di informazione al consumatore, che malgrado le ricerche analitiche svolte da varie Istituzioni di gran qualità, non è in grado di valutare il significato statistico che giustifica l’affermazione di voler sottoporre a controllo e ad attenuazione una serie di altre derrate in cui il livello di acrilammide si ritiene si debba normare. Né il consumatore né il produttore sono tra l’altro in grado di sapere se le tecniche di attenuazione frettolosamente esposte nella Raccomandazione sono già scientificamente provate in modo tale da poter risultare efficienti e sufficienti.

 

Compiti del Brazzale Science Center, nel merito di una concreta assistenza al settore del baking, sono quelli di condurre una puntuale ricerca analitica sui valori di acrilammide riscontrabili in prodotti della pasticceria e dei dolciari da baking che sono presenti sul mercato nazionale , onde giungere a suggerire quelle tecnologie che si considerano più utili a consentire la possibile attenuazione dei contenuti di acrilammide attraverso il razionale uso di appropriati derivati del latte.

Noto è che i laboratori del BSC sono in grado, a seguito di lunghe sperimentazioni svolte nei Laboratori di Ricerche Analitiche e Tecnologiche sugli Alimenti a Ambiente (UniMi), di disporre dei protocolli analitici adeguati al tema da svolgere con statistica significatività.

 

Prof. Fernando Tateo (*)

Professore Ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari

Università degli Studi di Milano

 

Prof. Monica Bononi (*)

Professore Associato Titolare di Analisi Chimica degli Alimenti

Università degli Studi di Milano

 

(*) Gli Autori guidano il “Brazzale Science Center” di Zanè attraverso collaborazione scientifica formalizzata fra Brazzale SpA ed UniMi.

 

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